Martina
Come ogni estate io e le mie amiche più strette ci riunimmo nella casa estiva di mio fratello. Ludovica, Chiara e Marish erano da sempre le mie migliori amiche, con cui passavo ogni pomeriggio fin dall’infanzia.
Arrivammo: e come sempre la casa era accogliente, e colma di ricordi. Ne avevo avuto molta nostalgia.
Purtroppo mio fratello Tommaso arrivò e portò via l’atmosfera magica che si era creata, il solito guastafeste.
Cominciammo a disfare le valigie, io la solita ritardataria, arrivai alle otto di sera che non avevo ancora messo a posto nulla. Quindi quando gli altri stavano al piano di sotto a divertirsi, cominciai a sistemare la stanza.
Ero immersa nei miei pensieri ma a un certo punto un rumore mi fece tornare alla realtà. Uscii dalla mia stanza e alla vista di un ragazzo sconosciuto trasalii dalla paura:
”Chi sei tu? Che ci fai nella casa di mio fratello?!”
“Oh, calmati” rispose lui come se fosse normale che io non l’avessi mai visto.
“Come ti chiami?” chiesi io, ancora insicura della vera identità del ragazzo.
“Jake… tu?”
“Martina” risposi io, guardandolo male.
Ludovica
“Ho saputo che c’è anche il tuo migliore amico…” dissi io a Tommaso, incitandolo a raccontare di più.
“Si, è un mio caro amico: si chiama Jake, passerà con noi le vacanze estive. Ha una storia orribile: l’estate scorsa sono stati assassinati entrambi i suoi genitori e si è scoperto che era stata la sua ragazza a ucciderli, però lei manipolò la mente di Jake facendogli credere che era tutta colpa del ragazzo. Da allora è devastato dal senso di colpa, anche se la ragazza sta in un ospedale psichiatrico e la polizia ha scoperto che è stata lei a commettere l’omicidio.
L’ho invitato per distrarlo dai suoi brutti pensieri, aiutatemi a renderlo partecipe.”
Dopo questo racconto rimanemmo tutti pietrificati e cercammo di evitare l’argomento, specialmente quando lui arrivò seguito da Martina. Notai che l’atteggiamento della mia amica era molto strano, come se fosse distratta dalla presenza di Jake.
Il giorno seguente facemmo una buona colazione, ci mettemmo il costume e decidemmo di fare un giro in barca. Le acque erano mosse, ma stranamente si calmarono di colpo. A quel punto capimmo di essere in un golfo.
Appena scendemmo dalla barca notai il terreno paludoso e fangoso; mi guardai intorno e vidi un cartello con su scritto: “GOLFO DELLE PANTANE, ZONA PROTETTA, VIETATO L’ACCESSO.”
Informai gli altri del cartello proponendo di andare via, però loro insistettero a restare. Così li assecondai, nonostante fossi contrariata dalla scelta.
Cominciammo ad esplorare il luogo, incontrando varie specie di animali: aironi cinerini, cormorani, garzette, svassi maggiori, martin pescatore…
Con l’arrivo della notte il luogo cominciò a farsi umido e ricco di zanzare, iniziammo ad avere paura a causa degli strani rumori e mi tornò in mente una storia angosciante che ci raccontavano i nostri genitori quando eravamo piccoli, per non farci andare a giocare nelle Pantane.
Si raccontava che pochi anni prima in quelle zone abitava una bellissima ragazza che attirava l’attenzione di tutti i passanti. Nelle notti di estate con la luna piena, quando il silenzio regnava, la ragazza usciva dalla casa portando con sé una lunga catena. Ogni mattina seguente alle notti di luna piena si trovava in quelle zone una persona impiccata malamente.
Chiara intuì che stavo pensando alla storia che da piccole ci terrificava tanto, quindi mi rassicurò che era solo una stupida storia inventata.
Così prendemmo la barca e ci avviammo verso casa uscendo dal golfo.
Dopo aver cenato, Tommaso ci mostrò la cinta che aveva comprato lo stesso giorno, mentre noi eravamo al golfo delle pantane.
Era una cinta di pelle nera, e ancora non sapevamo che in futuro ci sarebbe servita.
Tommaso
Passò una settimana da quando andammo per la prima volta a visitare le pantane. Decidemmo di tornare in quel posto in un giorno soleggiato. Io e Jake iniziammo a preparare la barca parlando di ragazze, il nostro argomento principale. Notai che Jake spostò l’argomento molte volte su Martina, il che mi diede molto fastidio: forse ero troppo iperprotettivo. Ad un certo punto Jake si allontanò per prendere il pranzo al sacco da portare alle pantane, quando notai una ragazza sconosciuta sulla spiaggia.
Sembrava una modella da prima pagina: i capelli neri, lisci ed esageratamente lunghi che brillavano alla luce del sole; le sue labbra erano carnose e rosse; le guance leggermente arrossate dal caldo. La parte più attraente erano gli occhi verdi, in cui mi ero perso.
Incuriosito andai a parlarle.
“Ehi, ciao che ci fai da queste parti?” chiesi timidamente.
“Ehm… sto prendendo un po’ di sole, è vietato?” rispose lei ironicamente con un tono sfacciato e quasi antipatico. In quel momento mi pentii all’istante di essermi avvicinato per rivolgerle parola, però poi trovai il coraggio per non seppellirmi vivo sotto la sabbia e non scappare via, così mi limitai a fissarla imbarazzato della situazione.
“Che vuoi un autografo?” disse lei infastidita dalla mia presenza.
Stavo per andarmene quando arrivò Jake con la borsa gigantesca contenente il pranzo. Appena vide la ragazza rimase sconvolto e dopo qualche secondo di immobilità gli urlò contro:
“che ci fai TU qui?!”
“Calmati fratellone, sono pur sempre tua sorella… non sei felice di vedermi?” rispose lei rimanendo impassibile alla scenata del presunto fratello, sfoggiando un sorrisetto beffardo.
A quella rivelazione mi tornò in mente quando Jake mi raccontò della sorella minore emarginata dalla famiglia: appena raggiunta la maggiore età era andata via di casa e non si era più fatta sentire.
Decisi di andarmene e lasciare i due discutere sulla spiaggia vicino alla casa estiva e tornai a mettere a posto la barca.
Un’ora e mezza dopo Jake e la sorella (che si presentò come Bea) si presentarono nel salone, dove io, Chiara, Ludovica, Marish e Martina ci stavamo rilassando.
Jake ci annunciò che Bea sarebbe stata con noi per un po’ di tempo e a questa notizia fui elettrizzato.
Inoltre rimandammo la gita in barca verso le pantane: ci saremmo andati la mattina seguente.
Marish
Alle luci dell’alba ci svegliammo tutti e, anche se assonnati, prendemmo i remi e ci dirigemmo verso le pantane.
Ormai il cartello vicino alla riva che vietava l’accesso era diventato per noi invisibile: nessuno lo degnò d’uno sguardo.
Restammo lì tutta la giornata e tra risate, giochi e bagni nel lago arrivammo a sera.
Decidemmo di accamparci lì per la notte e facemmo i gruppi separati in due tende:
un primo gruppo formato da: io, Tommy, Bea e Chiara
e un secondo formato da: Marty, Jack e Ludo.
Chiara
Ormai la notte si era fatta buia e io e Marish decidemmo di andare a prendere una boccata d’aria visto che non riuscivamo a dormire. Quando andammo sulla spiaggia entrambe le tende avevano la luce accesa e a quel punto realizzammo che Tommaso e Bea erano svegli e probabilmente stavano conversando. Pensammo subito di avvicinarci e sentire la loro conversazione. Tommaso le faceva molti complimenti e Bea, con la sua solita sfacciataggine faceva stupide risatine provocatorie.
Poi sentimmo anche delle voci dall’altra tenda e andammo a sentire cosa stesse succedendo; vedemmo anche che Ludovica aveva avuto la nostra stessa idea ed era uscita dalla tenda per poi sentire i discorsi di Martina e Jake: avevano una sospetta complicità…
Io, Ludovica e Marish ci mettemmo a spiarli dalla piccola finestra della tenda e notammo che ridevano molto; ad un certo punto scoccò un bacio tra i due e tutte ci mettemmo a ridere in modo isterico, scioccate da quanto accaduto.
Con l’arrivo della mattina due nuove coppiette uscirono dalle tende: Martina con Jake, e Tommaso con Bea. Fummo tutti felici delle novità.
Jake
La mattina ero felicissimo: ero uscito dal mio momento di depressione dopo la morte dei miei genitori e in più avevo trovato la ragazza dei miei sogni!
Nella stessa notte anche mia sorella si era messa con Tommaso e quindi facevo di lui il mio nuovo “cognato”!
Però Bea quando venne a sapere della notizia, risultò stranamente turbata e cominciò a farmi una scenata:
“Ma come diavolo ti viene in mente di metterti con la sorella del MIO ragazzo?? Tu lo sapevi che lo avevo adocchiato da un bel po’, eppure ti sei permesso di fidanzarti con Martina?! Ora sono una specie di cognata per quella stupida! Lasciala immediatamente o finirai solo nei guai!”
Questo comportamento mi stupì molto e quindi rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire.
Bea
Non capivo perché mio fratello potesse farmi una cosa del genere… io ci tenevo tantissimo a Martina e per questo non volevo coinvolgerla nella vicenda che sarebbe accaduta poche ore dopo.
La verità è che quando la mia famiglia mi cacciò a 18 anni a causa di un litigio con il “fratello perfetto” (Jake), giurai vendetta e l’avrei ottenuta anche con la sua morte: il giorno in cui andai via, lui mi umiliò davanti a tutta la famiglia, rovinandomi la vita sociale.
Così cominciai a vivere come una senzatetto… sola, triste e abbandonata ai miei pensieri. In quel periodo della mia vita mi sembrò di impazzire: in ogni notte d’estate di luna piena uscivo con una catena, con la quale impiccavo il primo passante che trovavo, immaginando che fosse mio fratello Jake.
Dopo quei brutti momenti ripresi la determinazione e cominciai a pianificare la mia vendetta. Cominciai a dedicarmi alla cura del corpo, fino a diventare come una modella.
Poi dopo tante ricerche riuscii a trovare il migliore amico di Jake e mi avvicinai a lui, fidanzandomi con lui. Il prossimo passo verso la vendetta sarebbe stato arrivare a mio fratello attraverso Tommaso per poi ucciderlo in modo crudele.
Quando scoprii che si era messo con Martina fui delusa e arrabbiata perché avrebbe coinvolto una delle uniche persone che mi stavano realmente simpatiche: Jake avrebbe sicuramente raccontato a lei del mio strano comportamento e avrebbe scoperto il mio piano, quindi molto probabilmente avrei dovuto uccidere anche lei.
Pensando a queste cose fui accecata dalla rabbia e presi il primo oggetto che trovai vicino a me, il coltellino svizzero mi fu molto utile: mi scaraventai contro Jake e lo trafissi così tante volte che persi il conto.
Quando la mia furia svanì e mi trovai sopra il suo cadavere con le mani macchiate di sangue mi passò per la testa tutta la mia infanzia con lui: noi che giocavamo a pallone insieme, lui che mi proteggeva dai bulli… non capii mai perché tutti questi bei ricordi furono dimenticati, lasciando spazio all’unico litigio con lui, il giorno in cui convinse i miei a cacciarmi di casa.
Mi pentii. Tutti quegli anni passati a pianificare la vendetta mi parvero tempo perso.
Ludovica
Io e gli altri corremmo verso l’accampamento: eravamo andati ad osservare i maestosi pioppi che crescevano da quelle parti, quando sentimmo le urla di Bea seguite da strani rumori.
Quando arrivammo vedemmo Bea sul cadavere insanguinato di Jake. Presi immediatamente il primo oggetto che trovai: la cinta di pelle di Tommaso.
L’arrotolai più velocemente possibile al collo di Bea, per impedirle di muoversi. Lei però non oppose resistenza e quando capii che non avrebbe reagito la slegai.
Lei disse solo due parole:
“Mi dispiace.”
Poi con un gesto improvviso prese il coltellino svizzero con cui aveva accoltellato il fratello e si tolse la vita. Non abbiamo mai capito il perché, forse per un senso di colpa.
Questo avvenimento finì sui giornali di tutta Italia e con il passare del tempo il gruppo si separò: andammo tutti per le nostre strade; quello che accadde, ci cambiò per sempre la vita.
La storia di Bea è diventata la leggenda del paese e ancora oggi si narra al lume di candela della bellissima ragazza che nelle notti d’estate di luna piena si aggira nella zona delle pantane con una catena in mano.